Protagonista dell’Hip Hop italiano con contaminazioni della tradizione sarda
Siamo andati a trovare Napa01, al secolo Alessio Casedda, nel suo studio di registrazione a Cecina (LI) per parlare con lui di musica, della sua musica e di come questa si è trasformata negli ultimi trent’anni, di come i giovani si approcciano oggi a questo mondo ricco di sfaccettature, influenze e tendenze.
Abbiamo parlato con lui anche del suo ultimo disco, un sogno di Alessio ragazzino che oggi è diventato realtà. E poi ci ha raccontato dei suoi prossimi progetti che vedono coinvolti anche artisti d’oltreoceano.
E’ venuto fuori un bel quadro che ha realizzato per noi Elisa Favilli con le immagini di Giovanni Cavallini.
Dal primo mio demo sono passati quasi 30 anni, sono cresciuto, sono diventato padre e la voglia di “spaccare” adesso è sicuramente un concetto inappropriato
Alessio Casedda, in arte Napa01. Sardo, classe ’77. Ti definisci un cantante rap o hip hop?
Nasco come Hip Hop, anche se le mie origini sono da ricercare all’interno della dimensione espressiva del Writing. Nel 1993 frequentavo il liceo artistico. Durante il viaggio da casa a Cagliari, le scritte lungo i muri, sui vagoni dei treni, negli angoli rubati alla quotidianità della vita, mi hanno incuriosito, consegnandomi l’opportunità di entrare in quel mondo dove la protesta diventa arte. Spazio espressivo dove ho conosciuto l’hip hop e tutto ciò che ruota intorno a questa dimensione musicale.
Gli anni degli esordi del genere, ’80-’90.
Novanta, indubbiamente nel momento in cui il fenomeno era agli esordi, il preludio della Golden Age della musica hip hop. Gli anni de gli Articolo 31, anche se le mie muse sono Assalti Frontali, AK47, Luics, Piombo a Tempo, Tempo al Tempo, Isola Rossa, gruppi e cantanti che nei loro testi mettevano nero su bianco le problematiche sociali e soprattutto la realtà delle minoranze culturali.
Quanto è presente la Sardegna nel tuo lavoro.
Nella mia musica non è fondamentale, ma importante. L’hip hop è una filosofia di vita, è un modo di essere. Tu devi rappresentare il meglio di ciò che sei, devi far sentire sempre la tua identità quindi le mie radici si manifestano e si modellano in funzione del messaggio, come spesso la mia musica si contamina con la tradizione musicale dell’isola.
Spesso si limita questo genere di musica alla provocazione, al gesto di “spaccare” la dimensione statica della compostezza educata del vivere quotidiano. Ma nella realtà quante sfumature ha l’hip hop?
Dal primo mio demo sono passati quasi 30 anni, sono cresciuto, sono diventato padre e la voglia di “spaccare” adesso è sicuramente un concetto inappropriato. Certo questa musica nasce nel Bronx con lo scopo di dare voce a coloro che non ne hanno, per creare un contatto, un punto di dialogo che scuota la società “ben pensante”. Oggi lo “spaccare” è stato travisato nella dimensione negativa del “io spaccio, io picchio, io accoltello…” prima era uno scambio di flussi di coscienza: “io sono sardo, io sono americano, io sono di…”.
Questa è un’intercultura molto forte, ma anche molto identitaria.
Qui entra in campo l’originalità. Lo studio del linguaggio, del tuo flow, della tua metrica, del tuo slang diventa fondamentale. Tu devi studiare questo mezzo e affinarlo sull’unicità della tua identità. Devi creare un prodotto che ti renda riconoscibile tra un numero infinito di chi sceglie questo genere musicale. Fare il rapper è diventato oggi tra i lavori più ambiti dai giovani, insieme allo youtuber, il fotografo… Bastano solo poche nozioni base apprese su you tube dai tutorial, essere in possesso di un cellulare capace di fare delle discrete riprese, un programma basilare per montare i filmati e, con la modica cifra di 15 euro, grazie all’acquisto di 20 mila views e una buona percentuale di fortuna diventi un rapper. Non funziona.
Social, sicuramente hanno rivoluzionato il modo di comunicare, ma la professionalità riesce sempre a fare la differenza.
Soprattutto c’è un team di persone che ho conosciuto negli anni, persone con cui ho creato rapporti ventennali. Non siamo di passaggio, tra di noi c’è confronto e una continua formazione. La fugacità con cui i ragazzi di oggi semplificano tutto è imbarazzante. Per loro un momento non ha una profondità. Non conoscono il sacrificio, non sanno cosa sia una rinuncia, semplificano troppo tutto snobbando l’importanza con cui crescere è esperienza e messa in discussione di sé stessi.
Beatrider, il tuo ultimo disco è l’esempio perfetto di ciò che dici.
Lo avevo intesta da un sacco di tempo, ma mi mancavano le sonorità, la tecnica linguistica nel dare forma al mio pensiero. Esperienza e maturità hanno plasmato l’idea nella dimensione reale della musica che sono. È uscita per un’etichetta indipendente fiorentina, Romanticismo Periferico, BTM 106, etichetta molto attenta alle problematiche sociali, alle realtà periferiche ed etniche, insomma pura mentalità hip hop, come dire nel posto giusto al momento giusto
Prossimi lavori?
Partendo da Lovecraft, ispirandomi alla sua penna, di cui sono un appassionato lettore, sto realizzando un EP, 6 tracce, realizzate in collaboro con John Solinas. In questo lavoro i miei testi cambiano radicalmente stile. Il mio essere ironico, infatti, lascia il posto al tempo della critica. Qui infatti attacco la politica, gli attacchi diretti contro i social e tutte le figure che si identificano con questa maschera virtuale, è molto più cupo e duro come lavoro, proprio sulla linea di Lovecraft. Grazie a Solinas ho avuto la possibilità di confrontarmi e collaborare con diversi artisti americani, artisti che partecipano in questo EP.
Riferimenti dell’artista:
Instagram: https://www.instagram.com/alexzerouno/?hl=it
Facebook Alessio: https://m.facebook.com/Napa01AlessioCasedda
Facebook Napa01: https://www.facebook.com/Napa01ForasaTeam/
Hip Hop sardo: https://hiphopsardo.it/artist/napa-01/
