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Non si può morire a 15 anni

by admin

Può una valutazione negativa essere la causa scatenante di un suicidio?

Riflettendo sui gravi fatti di cronaca che hanno visto un ragazzo livornese di 15 anni togliersi la vita, giustificando il suo gesto come un fallimento rispetto ad un brutto voto scolastico, ci sembra onesto lasciare la parola a chi la scuola la rappresenta e la vive in prima linea.

Si tratta di una tragedia imperscrutabili come lo sono la mente e l’animo umano e quindi non possiamo individuare “colpe” nella scuola e nei docenti – afferma il Dirigente Scolastico dell’ISISS M. Polo – C. Cattaneo Prof.ssa Anna Tiseo, anche Presidente dell’ANP di Livorno – ma, di certo, queste terribili notizie devono indurci a una riflessione sul ruolo che la scuola ha nella vita di tutti gli alunni, soprattutto quando questi attraversano la loro fase adolescenziale. In un momento critico, in cui si definisce la propria identità personale e culturale, la scuola deve assumersi la responsabilità di essere un punto di riferimento per la costruzione di relazioni serene e costruttive, per coltivare i propri interessi e passioni, per individuare le proprie inclinazioni e, soprattutto, sviluppare le proprie potenzialità. 

Adolescente depresso

Troppe volte però, la scuola, si preoccupa dei contenuti perdendo di vista gli scopi e i modi dell’insegnamento. La valutazione, in particolare, deve essere intesa dai docenti e compresa dagli studenti come l’indicatore dell’andamento del proprio lavoro ed il segnale che conferma o eventualmente avverte di dover rimodulare, per gli uni, la progettazione, le strategie, le metodologie e, per gli altri, l’approccio, i metodi e, non ultimo, l’indirizzo di studio, tutto senza mai esprimere nessun giudizio sulla persona o pretendere una immutabilità e definitività durante il suo cammino formativo di discente.

 

Certo la fragilità con cui i ragazzi rispondono alle difficoltà è veramente disarmante.

Sì, non possiamo negarlo. La frustrazione di fronte alle sconfitte spesso è disarmante per chiunque, ma guai a non viverle come un banco di prova, come una importantissima opportunità per rimettere in discussione i nostri obiettivi e offrire nuove possibilità di crescita a noi stessi e alle nostre prospettive di vita. Credo che qui la società e soprattutto gli adulti debbano riqualificare la propria figura di educatori. Bisogna insegnare ai ragazzi che una caduta non è un fallimento, ma solo un disequilibrio su cui scommettere le proprie capacità di sapersi rialzare, camminare e correre.

Ragazzo tristeLa valutazione meriterebbe di essere sostituita dall’autovalutazione, la possibilità reale e consapevole di saper leggere e stimare il proprio operato, non solo in ambito scolastico. Un voto, una valutazione numerica, ha dietro una griglia di obiettivi che devono essere raggiunti, come una valutazione pratica di conoscenze che debbano essere messe in pratica nel sistema reale di “fare, saper fare e saper far fare”. Apprendere, mettere in pratica e riuscire a spiegarne il procedimento in modo chiaro ed efficace sono alla base di una società che forma teste ben formate e non piene di nozioni inutilizzabili. Autovalutarsi implica consapevolezza di se stessi e qui il terreno diventa instabile, soprattutto in una società dove il reale si confonde con il virtuale e dietro alla sintesi di un “mi piace” o di un voto lasciamo ad altri esprimere giudizi che mal tolleriamo. Dobbiamo ritornare a dare profondità alla parola autostima, accettando un “no” come valore di crescita.

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