A Volterra, quando si parla di Lirica, lo si deve fare in punta di piedi
Sarebbe banale, infatti, raccontarla nei limiti della sua importanza storica o nei tecnicismi di un genere musicale che dal melodramma barocco ancora oggi si dichiara musa per i compositori contemporanei. Per i volterrani essa fa parte della propria identità. Lo si percepisce nell’intimità delle chiacchiere condivise nel foyer del teatro Persio Flacco, nella serietà critica con cui gli applausi sottolineano la fine delle arie e dalla passione con cui, alla chiusura del sipario, ti accorgi che lo spettacolo è già parte integrante del vissuto cittadino.
Devid Cecconi, baritono, Georgina Stalbow, soprano, accompagnati dal pianista Massimo Barsotti, hanno aperto la stagione lirica del teatro Persio Flacco, intrattenendo il pubblico nelle aree celebri di Verdi, Puccini, Leoncavallo, Giordano, Bizet, Gershwin, per licenziarlo negli applausi conclusivi di Theme from New York, di Ebb e O’Sole Mio, di Capurro. Al di là della raffinata qualità e della indiscussa professionalità dei due interpreti, che da anni sono contesi nei cartelloni operistici nazionali e internazionali, merita un plauso la scelta del direttore artistico Sandro Querci, che ha saputo trasformare il palcoscenico in uno spazio intimo, rompendo il limite tra la scena e la platea, offrendo agli artisti la libertà di esaltare la propria identità di uomo e artista. La stessa che dietro le quinte è stata raccontata dagli artisti (nel nostro video servizio curato da Elisa Favilli n.d.r.).
Come nasce la vostra passione per la lirica?
Si nasce con questa passione, bisogna essere bravi nel riconoscerla e coltivarla. È un dono che arriva da Dio. Io ho sempre cantato – si confida Giorgina – come dice mia mamma ho imparato a ballare e cantare prima ancora di parlare.
La lirica è il biglietto da visita più passionale con cui l’Italia ha raccontato al mondo di se prima ancora di essere Italia. Oggi che cosa può raccontare?
La lirica non morirà mai. Non è il Grande Fratello, con il suo pubblico numeroso. La differenza sta dentro il suo tempo di ascolto. Oggi siamo immersi nella frenesia, perdiamo la bellezza del dettaglio. Le faccio un esempio. I fumatori di pipa sono concentrati nella degustazione e nella ritualità del gesto, tempo che nella fugacità di una sigaretta non è possibile apprezzare. Sono cambiati i tempi, la velocità con cui oggi ascoltiamo la musica perde la bellezza dei tempi ricercati del fraseggio e delle sonorità con cui la lirica chiede attenzione. Non gioca a nostro favore la televisione, fatta eccezione della prima della Scala, la lirica resta fuori dal palinsesto televisivo, e la non conoscenza, si sa, alimenta l’ignoranza. Quando vado in Giappone io sono una pop star, c’è bisogno dell’uso delle transenne per trattenere le persone in delirio. In Italia non succede, ma grazie alla passione e la caparbietà di personaggi come Sandro Querci, è un dovere mantenere vivo la realtà di questi teatri che fanno parte del nostro vissuto e la cui anima deve essere tutelata da noi artisti e dal pubblico che sostiene la bellezza di quest’arte.
Come descriveresti i vostri ruoli?
Io sono un Baritono e Georgina è una soprana, è una questione di anatomia. Non è una scelta ma un dato di fatto. Nel momento che si riconosce la propria tessitura vocale, il cantare diventa un piacere indescrivibile. La voce è uno strumento interno che cambia a seconda dei giorni, del proprio stato fisico e mentale. È lo strumento più difficile che esiste, perché è parte integrante del carattere della persona. È nella nostra imperfezione, nel nostro ruolo di essere artigiani di emozioni, che riusciamo e rendere il nostro ruolo unico.
Dopo il Flacco, cosa vi aspetta?
Ho la mia tournee internazionale che mi attende. Sono felice e fortunato di poter fare quello che veramente mi piace. La vita del teatro, le lunghe assenze da casa, lo studio e le ore richiedono dedizione, ma sono ripagate dalla soddisfazione di condividere questa passione con le persone che ci sostengono.
A Volterra?
Felici di tornare subito! Anzi, consiglio a chi ancora non ha messo piede in questo teatro, di farlo quanto prima, perché non sanno cosa si perdono.