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Un souvenir dall’Elba

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Non tutto è arte

Non tutto è arte. Benedetto Croce ne stabilisce il limite nella dimensione pratica con cui un manufatto rimane circoscritto nella sua finalità puramente edonistica. Capriccioso ed effimero, l’oggetto rimane legato alla sua spendibilità immediata del gusto del suo tempo, rinunciando a qualsiasi concetto di morale che possa elevarlo a paradigma della società che lo ha generato. Per questo l’obelisco che Elisa Baciocchi ha custodito gelosamente nella sua residenza triestina, diventa documento e non opera d’arte. L’oggetto è tanto brutto quanto interessante. È una sorta di messaggio in bottiglia con cui l’illustre fratello, dal suo esilio elbano, solleticava la mentalità imprenditoriale della Signora di Lucca e di Piombino. Interprete femminile della cultura illuminata del fratello, non che diretta rivale nell’ascesa del potere imperiale, Elisa si dimostrò rivoluzionaria nel campo economico sottraendo all’oligarchia carrarese il monopolio del mercato del marmo e riqualificandone la sua spendibilità attraverso l’operato di artisti che dalle aule dell’Accademia di Belle Arti cittadina ne potessero esaltare il suo valore espressivo. Nella sua scelta imprenditoriale Elisa superava il mercato nazionale, offrendo ad ogni prodotto artistico locale una sua spendibilità internazionale affine alla visione imperiale del fratello. In questa logica Napoleone fa realizzare questo speciale cadeau alla sorella. Un obelisco in legno sorretto da una base di marmo. La superficie della piramide è interamente rivestita dalle preziosità minerarie che l’isola offre nel suo sottosuolo, mentre sulle quattro facce del sostegno, sono scandite le parole con cui il fratello si rivolge alla scaltra sorella. Il tempo narrativo è cadenzato dalla dinamica dell’obelisco che ruota seguendo il passaggio logico con cui l’idioma passa dall’italiano al latino e dal francese al greco antico. La gloria romana ed il sapere greco, si riconoscono nella contemporaneità delle sue dirette interpreti, mentre si fanno affabulatrici al genio della Musa a cui sono dirette. “Questo vago ammasso di cose di varia specie del risultato della natura Elisa, è la somma di tutte le tue virtù. Questo non di Paro né del cinabro bruciato di Cirene, né di Canopos, ma dell’Elba al contrario, questa Vi illustra. Così la volontà del cielo, la potenza infinita. Tutto cede alle tue virtù, tanto quanto al tuo genio. Così o splendida donna, ricevi tra le mani il dono che porto anche se sopra ce ne sono stati molti più grandi di questo”.

L’Isola d’Elba

Napoleone lancia una sfida che la sorella accolse inviando al fratello Paolo Bargigli che, insieme a Lorenzo Bartolini e Giuseppe Rocchi, rappresentava una delle punte di diamante della didattica carrarese. Grazie al seguito di allievi con cui Bargigli sbarcò sull’isola, furono realizzati una serie di atelier, laboratori sparsi in tutta l’isola che, grazie ad un decreto imperiale, usufruirono del patrimonio minerario elbano realizzando una serie di oggetti artigianali di buona fattura gli stessi che, Pons de l’Hérault, ricorda nelle sue memorie del soggiorno elbano, come ambiti ricordi e trofei per i viaggiatori del Grand Tour. L’oggetto è oggi conservato nella collezione Perusini, mentre rimando ad una lettura più approfondita dell’argomento al testo Per Elisa. Un souvenir napoleonico dall’Elba, presente nella Rivista di Studi Napoleonici, a cura del Centro Nazionale di Studi Napoleonici e di Storia dell’Elba Portoferraio, Anno XLIV,1-2/2011.

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